Il grasso tende ad accumularsi nel muscolo sia a causa di un’aumentata captazione degli acidi grassi sia per ridotta capacità ossidativa degli stessi, che a loro volta, ostacolano la funzionalità dell’insulina a livello dei vari tessuti. Per questo si rende necessaria la valutazione dell’entità dei depositi di tessuto adiposo tra le fibre muscolari e all’interno delle fibre muscolari stesse; un valore che supera una certa soglia va messo in relazione con il fenomeno della resistenza all’insulina, tipica del diabete di tipo 2 e dell’obesità.
Nei soggetti obesi si verificala la cosiddetta “inflessibilità metabolica”, cioè il muscolo perde la capacità di passare dalla prevalente ossidazione dei lipidi a digiuno all’utilizzo del glucosio a fini energetici dopo un pasto classico. Quindi, in chi è insulino-resistente a riposo il muscolo continua ad attivare il metabolismo glucidico, mentre dopo il pasto continua a mantenere attivo anche quello lipidico. Questo si riflette sul Quoziente Respiratorio: più la persona è in sovrappeso e meno grassi brucia a riposo (mentre continua a consumare gli zuccheri).
La resistenza all’insulina si riflette anche sulla membrana dei mitocondri (organuli cellulari che rappresentano la nostra centralina metabolica) riducendo la loro capacità termogenica, con la conseguenza che le cellule non sono in grado di dissipare in calore le calorie introdotte. Risultato: il soggetto ingrassa sempre di più!
Il grasso intramuscolare rappresenta il nuovo protagonista del quadro fisiopatologico e clinico dell’obesità viscerale che contribuisce all’insulino- resistenza. La sua misurazione riveste un ruolo di particolare importanza.